VERONA: Il parlatore eterno (A.Ponchielli) – Il Tabarro (G.Puccini), 22 novembre 2023 a cura di Silvia Campana
IL PARLATORE ETERNO
Amilcare Ponchielli
Direzione Gianna Fratta
Regia Stefano Trespidi
Peronaggi e Interpreti:
- Lelio Cinguetta Biagio Pizzuti
- Susetta Grazia Montanari
- Dottor nespola Maurizio Pantò
- Aspasia Francesca Cucuzza
- Sandrina Sonia Bianchetti
- Egidio Salvatore Schiano di Cola
- Caporale dei gendarmi Francesco Azzolini
Scene Filippo Tonon
Luci Paolo Mazzon
IL TABARRO
Giacomo Puccini
Direzione Gianna Fratta
Regia Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi
Personaggi e Interpreti:
- Michele Gevorg Hakobyan
- Giorgetta Alessandra di Giorgio
- Luigi Samuele Simoncini
- Il Tinca Saverio Fiore
- Il Talpa Davide Procaccini
- La Frugola Rossana Rinaldi
- Il venditore di canzonette/secondo amante Matteo Macchioni
- Voce di soprano Grazia Montanari
- Voce di tenorino Dario Righetti
Scene Leila Fteita
Costumi Silvia Bonetti
Luci Paolo Mazzon
Teatro Filarmonico di Verona, 22 novembre 23
Interessante il dittico presentato dalla Fondazione Arena quasi allo scadere della corrente stagione del teatro Filarmonico.
Questa produzione de Il parlatore eterno di A. Ponchielli (1873) e Il Tabarro di G . Puccini (1918), nasceva nel 2021 per lo streaming e trova ora finalmente giusto corpo in un confronto diretto con il pubblico in sala, offrendo all’ascolto due partiture tanto interessanti quanto completamente differenti.
Il parlatore eterno, unica opera buffa conosciuta di Ponchielli, si pone quasi come singolare omaggio al genio rossiniano (autore particolarmente amato dagli Scapigliati per la sua apparente insofferenza ad ogni schema formale e simbolo dell’autonomia del genio) e si risolve sostanzialmente intorno alle pene d’amore di Lelio Cinguetta (il parlatore eterno) da lui proclamate costantemente con tale estrema e prevaricante oratoria da impedire a chicchessia di poter in qualche modo rispondere o porre una qualsiasi obiezione. Intorno a questo semplice meccanismo comico si svolge il breve dramma che non va al di là di un mero esercizio di stile concentrando sulla figura del protagonista tutto il meccanismo comico.
La partitura orchestrale dell’opera rimane inedita mentre esiste uno spartito canto e pianoforte stampato da Ricordi, l’edizione eseguita a Verona è stata dunque quella condotta dal musicologo Angelo Rusconi sull’autografo di Ponchielli conservato nell’Archivio storico Ricordi.
Un ascolto interessante che, a prescindere dal valore dello stesso, offre la possibilità di gettare uno sguardo sulla produzione alternativa del tempo che affiancava, a soggetti diversificati e complessi, sorte di divertissement dalla funzione puramente ludica o celebrativa.
La regia di Stefano Trespidi si è mossa agile evidenziando quest’ultimo aspetto e declinandolo con gusto coadiuvato in questo dalle belle scene di Filippo Tonon che evocavano brillantemente la Prima dell’opera (Lecco 18/10/1873) attraverso la realizzazione di una parete che ben simulava uno spazio teatrale in costante mutamento.
Praticamente unico interprete è il protagonista (l’opera consiste, coerentemente con il titolo, in un suo lungo monologo a parte il concertato finale) Biagio Pizzuti che caratterizza il suo personaggio con eleganza e garbata ironia senza appesantirne i tratti con sterili facezie attraverso un uso della sua vocalità sempre raffinato e di estrema intelligenza musicale.
Una citazione per il resto del cast (impegnato solo in un paio di assiemi e nel concertato finale) che nel suo complesso si è ben comportato: Grazia Montanari, Maurizio Pantò, Francesca Cucuzza, Sonia Bianchetti, Salvatore Schiano Di Cola e Francesco Azzolini.
Con il Tabarro si mutavano naturalmente quanto bruscamente atmosfere e dinamiche.
La regia firmata da Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi (scene di Leila Fteita) si muove in perfetta sinergia con l’ambiente descritto da G. Adami nel suo libretto tratto da La houppelande di Didier Gold: un’atmosfera particolare che è quasi un ulteriore personaggio invisibile la cui presenza sembra quasi influenzare lo svolgersi dell’intero dramma. Niente di più e niente di meno e forse proprio per questo un lavoro di maggior approfondimento sui caratteri avrebbe potuto offrirne una lettura più approfondita e sfaccettata, data l’ancora impressionante attualità del soggetto.
Gevorg Hakobyan delinea un Michele essenzialmente vocale, esibendo generosamente il bel timbro brunito ma, pur giungendo a ben definirne il rancore e la violenza, non altrettanto riesce a ritagliare il percorso interiore del personaggio ed il suo dramma personale che lo porterà poi al delitto.
Anche la Giorgetta di Alessandra Di Giorgio attraverso la sua peculiare vocalità sembra restare un po’ troppo ai margini del suo complesso carattere femminile che sembra conoscere invece una sua tormentata drammaticità.
Coerente con l’irruenza e la passionalità di Luigi, Samuele Simoncini ne delinea i contorni con sicuro slancio e giusto spessore; molto bene Rossana Rinaldi nel dipingere con dolce ma giusta determinazione il personaggio di Frugola così come professionali e corretti anche Davide Procaccini come Talpa e Saverio Fiore, il Tinca.
Completavano il cast Matteo Macchioni, Grazia Montanari, Dario Righetti.
Coro della Fondazione diretto da Roberto Gabbiani.
Gianna Fratta ha diretto con misura il lavoro di Ponchielli mentre a contatto con l’opera pucciniana veniva un po’ a perdere l’impalpabile mélange che profila la partitura.
Teatro non gremito purtroppo ma applausi per tutti gli interpreti ed il Direttore.
Silvia Campana