VERONA: Juan Diego Flórez in Opera-Arena 100, 23 luglio 2023 a cura di Silvia Campana
DIrettore Christopher Franklin
- Tenore Juan Diego Flórez
- Soprano Marina Monzó
- Soprano Marianna Mappa
- Mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya
- Mezzosoprano Sofia Koberidze
- Basso Gabriele Sagona
- Basso Michele Pertusi
Arena di Verona, 23 luglio 2023
Ci sono alcune serate che, per tutta una serie di motivazioni, partono dalla semplice prestazione artistica per poi travalicarla, andando spesso a toccare la nostra corda più sensibile e sono quelle a restare ben impresse nella memoria, proprio per la magnetica energia che viene ad accompagnarle ed il Gala che Juan Diego Florez ha presentato nell’ambito del festival del centenario areniano è stata certamente una di queste.
Diciamo subito (anche se sembra quasi assurdo doverlo rimarcare) che Florez non è una voce da Arena ma la sua vocalità si trova perfettamente a suo agio negli spazi dell’anfiteatro grazie alla ricchezza di armonici ed a una proiezione a volte più penetrante di una vocalità tonante ma piatta; purtroppo, occorre dirlo, il pessimo sistema di microfoni impostato per la serata (anche se per Verona si tratta ormai di una prassi che dovrebbe supportare l’acustica naturale) ha rischiato di compromettere in parte l’ascolto, dell’orchestra in particolare, le cui sezioni risultavano spesso disomogenee e contraddistinte da un fastidioso ritorno.
Detto questo Florez ha mostrato con tutta evidenza la sua classe interpretativa “semplicemente” cantando.
In un programma davvero ben studiato (una prima parte su Rossini e Donizetti ed una seconda con Gounod, Verdi e Puccini) l’artista ha affrontato con estrema disinvoltura i brani, mostrando un timbro lucente e brillante, esuberante nel registro acuto (i suoi apparentemente disinvolti do davvero fendevano gli spazi areniani) ed una raffinata padronanza nel fraseggio, cesellato attraverso un controllo di fiati ed armonici davvero sopraffino.
Così, partendo dall’amato Rossini (Cenerentola “ Principe più non sei… Sì, ritrovarla io giuro”) attraversando Donizetti (La Fille du régiment “Ah mes amis… Pour mon âme…”) e Gounod (Roméo et Juliette “Ô nuit! Sous tes ailes obscures, abrite-moi!. L’amour!, l’amour! Ah! Lève-toi, soleil”) il tenore giungeva a toccare le corde del temibile repertorio verdiano con Luisa Miller (“Oh! Fede negar potessi… Quando le sere al placido… L’ara, o l’avello”) arrivando fino al Puccini di Bohème ( “Che gelida manina” ).
Quello che ci preme qui però sottolineare, andando al di là delle ovvie considerazioni che accompagnano un artista del suo livello, è soprattutto quanto in questo concerto egli sia riuscito, attraverso un attento uso della parola e dell’accento, a sottolineare le peculiarità ed il particolare contesto di ogni personaggio (la prima frase della romanza pucciniana già da sola comunicava un mondo) ed è proprio da questa capacità di piegare la sua vocalità al servizio dell’autore e del ruolo interpretato che si riconosce il grande artista, non quindi nel voler essere altro da se ma adattare la propria arte al servizio del teatro.
Il pubblico non gremiva ahimé l’anfiteatro (vuoto nella parte alta delle gradinate) evidenziando purtroppo lo scotto che i Gala, specie quelli di Belcanto, devono spesso pagare in Arena, ma seguiva il concerto in assoluto, significativo silenzio (e di questi tempi stupisce) venendo al termine premiato con una serie di bis dal tenore il quale, dal repertorio popolare italiano (“Tu ca nun chiagne”) si spostava poi, accompagnandosi con la chitarra, a quello latino-americano (“Besame mucho”, “Cuccuruccucu Paloma” ) mandando ancor più in visibilio gli ascoltatori.
Il concerto si è chiuso con “Una furtiva lacrima” (magistralmente eseguita) ed un inutile “Nessun Dorma” , pegno dei tempi ma di cui non si sarebbe sentita la mancanza, solo perché totalmente fuori contesto.
Ad accompagnare l’artista in questa preziosa serata il mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya impegnata nel duetto del I Atto di Cenerentola (“Tutto è deserto… Una volta c’era… Un soave non so che”) e nell’Aria e Cavatina di Angelina (“Nacqui all’affanno e al pianto… Non più mesta”) confermando una vocalità ed una classe interpretativa di estrema raffinatezza.
Sua partner quale Giulietta si poneva invece il diligente soprano Marina Monzó (“Je Veux vivre” e duetto Atto IV “Va! Je t’ai pardonnée… Nuit d’hyménée”).
Particolare qualità di questo Gala è stato inoltre quello di presentare i quadri completi in cui le romanze venivano inserite con l’intervento dunque di Coro e solisti, sottolineiamo dunque la prova dei cantanti impegnati: Gabriele Sagona (quale Caporale , Mercutio e Wurm) , Marianna Mappa (Clorinda ), Sofia Koberidze (Tisbe) e Michele Pertusi (un prezioso Walter) oltre naturalmente al Coro della Fondazione diretta da Roberto Gabbiani.
Christopher Franklin ha diretto con poca convinzione l’orchestra della Fondazione (Sinfonie da Cenerentola e Don Pasquale, Preludio Atto I da La Traviata e Intermezzo da Manon Lescaut) .
Le numerose chiamate al termine del concerto da parte di un pubblico entusiasta potrebbero forse porre l’interrogativo su quanto l’Arena, accanto ad un repertorio popolare, non possa anche offrire spazio a serate come questa che, se non per il botteghino, possono restare invece nella memoria per il loro valore artistico, e sarebbe un bel segnale.
Silvia Campana