VERONA: La bohème – Giacomo Puccini, 11 dicembre 2022 a cura di Silvia Campana
La bohème
opera in quattro “quadri” di Giacomo Puccini
su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
ispirato al romanzo di Henri Murger Scene della vita di Bohème
rappresentata per la prima volta nel 1896
Personaggi e Interpreti:
- Mimì Karen Gardeazabal
- Musetta Giuliana Gianfaldoni
- Rodolfo Galeano Salas
- Schaunard Jan Antem
- Colline Francesco Leone
- Benoit/Alcindoro Nicolò Ceriani
- Sergente dei doganieri Jacopo Bianchini
- Doganiere Francesco Azzolini
- Marcello Andrea Vincenzo Bonsignore
- Un venditore Giovanni Gregnanin
Teatro Filarmonico, 11 dicembre 2022
È la Parigi del ‘68, con le sue contestazioni studentesche ed i suoi forti ideali, ampiamente attinti dalla visione cinematografico di Bernardo Bertolucci e Philippe Garrel (The dreamers e Les Amants réguliers) a fare da sfondo a questa Bohème che chiude il cartellone 2022 del teatro Filarmonico di Verona.
Il regista Stefano Trespidi pensa così di trasportare le vicende dei giovani protagonisti dell’opera in un contesto molto differente ma, dal suo punto di vista, per certi tratti loro affine.
L’idea non è nuova e certo gioca sul fascino dell’ispirazione d’essay, ma senza una drammaturgia accurata il risultato (nonostante le suggestive scene di Juan Guillermo Nova ed i costumi di Silvia Bonetti) nel suo complesso convince poco.
Mentre infatti lo spettacolo può contare su un certo fascino visivo a tratti impattante (l’idea di trasformare la soffitta del I atto in una sala tipografica in cui si organizza una manifestazione che avrà luogo poi nel II) con l’avanzare del dramma (III ed il IV atto) questo tradisce e molto soffre di un gioco registico sommario e poco sfaccettato.
I caratteri dei diversi personaggi sono descritti in partitura da Puccini così come nel libretto di Illica e Giacosa in maniera molto chiara e dettagliata e un loro taglio troppo forzato, quando non caricaturale, non può che rischiare di comprometterne la sostanziale credibilità nonché privarli di quel profondo e peculiare spessore che ne costituisce l’anima.
Per la maggior parte costituito da giovani artisti il cast in palcoscenico ha reso al meglio delle proprie possibilità.
Karen Gardeazabal quale Mimì, pur non sfoggiando una vocalità poderosa, tratteggia con estrema cura il suo ‘ingrato’ personaggio, nel quale spesso i tratti della sensibilità possono inciampare in quelli dello stereotipo e viceversa, e ne cesella il carattere donandone, nel suo complesso, una buona e più che corretta interpretazione.
Galeano Salas ha la fortuna di possedere un timbro estremamente interessante per colore ed armonici e, nonostante la linea vocale non sia sempre ineccepibile, si disimpegna con onore nel temibile ed amatissimo personaggio pucciniano pur restando un po’ troppo ai limiti del versante espressivo.
Alessandro Luongo risolve in modo sostanzialmente corretto il suo carattere anche se dona a Marcello una baldanza a tratti un po’ eccessiva, rischiando di allontanarsi così dal suo profilo più introspettivo.
Vera mascotte della rivoluzione sessantottina Giuliana Gianfaldoni tratteggia con giusta misura il personaggio di Musetta.
Corretti ed equilibrati Francesco Leone e Jan Antem, rispettivamente impegnati quali Colline e Schaunard.
Molto bene Nicolò Ceriani nel doppio ruolo di Benoit e Alcindoro.
Completavano il cast Antonio Garés, Jacopo Bianchini e Francesco Azzolini rispettivamente Parpignol, Sergente dei doganieri e Doganiere.
Bene il Coro di Voci Bianche A.LI.VE ed il Coro della Fondazione Arena rispettivamente diretti da Paolo Facincani e Ulisse Trabacchin.
Alevtina Ioffe, alla guida dell’orchestra della Fondazione, nonostante qualche problema di scollamento con il palcoscenico (la micidiale apertura dell’Atto II) ha dato una lettura molto personale e meditata della partitura pucciniana e, anche attraverso un sensibile uso delle pause, ha delineato un’interpretazione non priva di interesse.
Sala gremita in ogni ordine di posto ed applausi calorosi per tutti gli interpreti ed il direttore.
Silvia Campana