VERONA: La bohème – Giacomo Puccini, 19 luglio 2024 a cura di Silvia Campana
La Bohème
Giacomo Puccini
Regia Alfonso Signorini
Direttore Paolo Facincani
Personaggi e Interpreti:
- Mimì Juliana Grigoryan
- Musetta Eleonora Bellocci
- Rodolfo Vittorio Grigòlo
- Marcello Luca Micheletti
- Schaunard Jan Antem
- Colline Alexander Vinogradov
- Benoit Nicolò Ceriani
- Alcindoro Salvatore Salvaggio
- Parpignol Riccardo Rados
Scene Juan Guillermo Nova
Coro di voci bianche A LI. VE.
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Orchestra, Coro e Tecnici Fondazione Arena di Verona
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Direttore allestimenti scenici Michele Olcese
Arena di Verona, 19 luglio 2024
C’era decisamente molto attesa mista ad una giusta dose di curiosità la sera della première de “La Bohème“, unico nuovo allestimento quest’anno ospitato nella celebre stagione areniana.
Principale causa di tutti questi rumors la presenza di un regista quale Alfonso Signorini che, pur musicista e grande appassionato di opera, è noto principalmente al grande pubblico per le sue numerose presenze televisive.
Non nuovo alla regia di opere liriche Signorini ha presentato in questa storica sede la sua personale visione dell’amato titolo pucciniano (che mancava dall’anfiteatro dal 2011) definendola una lettura giovane per i giovani.
Concetto molto propositivo, certo, ma di fresco si è visto in realtà assai poco in questo allestimento che è sembrato piuttosto prendere spunto da quel certo gusto d’antan spesso usato nell’arte illustrativa di fine Ottocento.
Di fatto non manca nulla in questa Bohème (inquadrata in un bell’impianto scenografico fin de siècle firmato da Guillermo Nova con i raffinati costumi di Silvia Bonetti a cui fanno da sfondo tele dipinte che ritraggono il quartiere latino): mangiafuoco, befane, Pères Nöel intenti a consegnare doni, folletti, nastri cinesi e pattinatori intenti a mimare le loro affascinanti evoluzioni su due piattaforme laterali di finto ghiaccio… tutto può starci in questo quartiere Latino in cui lo spazio non sembra mai abbastanza (sic!) e sul palcoscenico areniano che tutto accoglie, ciò che sembra però proprio mancare a questa ricca scatola di bonbons è un approccio registico più approfondito nella caratterizzazione dei singoli personaggi, il più delle volte solo accennato.
Un esempio per tutti: la scena, che aveva l’intento nel I e IV Atto di ricostruire la soffitta degli studenti, compresa la cameretta di Mimì mostrandocene il privato, non ci svela assolutamente nulla se non una fanciulla che passa il tempo a specchiarsi e a fare la posta ai ragazzi del piano di sotto … va bene grisette ma … con stile.
In sostanza è stata persa l’occasione di mostrare il mondo interiore del bel personaggio pucciniano alla cui definizione poco contano i fiori finti o in che altro modo si guadagna da vivere ma quella particolare ed intima miscela di cui poi Rodolfo si innamorerà. Domina nell’opera un costante e profondo rispetto per il mondo dei sentimenti individuali e, pur colorata dall’apparente spensieratezza delle risate giovanili, essa viene fortemente marcata dalla presenza di una morte percepita in questo contesto ancor più povera, ed inesorabilmente brutale. Ogni carattere è infatti sempre espresso in partitura con estrema intensità e forse proprio questa è venuta un po’ a mancare in questa produzione.
Fortunatamente il cast impegnato in palcoscenico ha perfettamente sopperito a questa lieve mancanza perché formato nella sua totalità da artisti assai abili a scolpire emozioni attraverso un uso della vocalità e della scena attento e cesellato.
Juliana Grigoryan, al suo debutto areniano, si dimostra interprete raffinata.
Il giovane soprano dotato di morbida vocalità, espressiva nel fraseggio quanto rotonda ed intensa nel registro acuto (sempre ben dominato) è riuscito a delineare, in crescita atto dopo atto, un personaggio femminile molto convincente e dall’intensa drammaticità.
Vittorio Grigolo avrebbe il timbro, l’intenzione ed il carisma necessari per delineare il dramma del giovane Rodolfo (basterebbe notare la cura che mostra nel fraseggio e nelle piccole frasi) ma a causa della sua ormai costante abitudine a scambiare teatralità espressiva (di cui abbonda quando vuole) con generica gestualità ed approssimazione musicale ha nel complesso impoverito la sua generosa interpretazione specie attraverso un uso eccessivo del declamato (Finale) che, quando non attentamente dosato, può spesso sfuggire di mano.
Sapiente e rinchiuso in un suo mondo, quasi sdegnoso delle umane debolezze, Luca Micheletti ha ben reso, attraverso la morbida e calda vocalità, un Marcello quasi prigioniero della sua estrema sensibilità.
Assai espressivi ed attenti anche lo Schaunard tratteggiato dal bravo Jan Antem ed il Colline di Alexander Vinogradov.
Eleonora Bellocci quale Musetta si portava correttamente.
Bene il resto del cast: Nicolò Ceriani (Benoit), Salvatore Salvaggio (Alcindoro), Riccardo Rados (Parpignol), Nicolò Rigano (Sergente dei doganieri) e Carlo Bombieri (Un doganiere).
Daniel Oren (che festeggiava il suo 40simo anniversario alla guida dell’Orchestra areniana) ha diretto con la consueta professionalità, mostrando un lavoro con gli interpreti meticoloso ed estremamente efficace.
Bene il Coro dell’Arena di Verona diretto da Roberto Gabbiani ed il Coro di voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani.
La serata, resa difficile dalle precarie condizioni meteo, è andata in porto ad onta di qualche interruzione, arricchendosi nell’ultimo Atto di romantici scorci temporaleschi, ed è stata salutata da un grande successo di pubblico.
Silvia Campana