VERONA: L’Imperatore di Atlantide – Viktor Ullmann, 27 gennaio 2024 a cura di Silvia Campana
L’Imperatore di Atlantide
opera lirica in un atto di Viktor Ullmann
su libretto di Peter Kien
Direttore Riccardo Bisatti
Regia Barbara Pessina
Personaggi e Interpreti:
- Imperatore Overall Bruno Taddia
- L’Altoparlante Spartak Sharikadze
- La Morte Carlo Feola
- Arlecchino Enrico Casari
- Un soldato Eduardo Niave
- Bubikopf Melody Louledjian
- Il tamburo Irene Molinari
Orchestra e Tecnici di Fondazione Arena
Teatro Filarmonico, 27 gennaio 2024
Molto interessante la scelta della Fondazione Arena di Verona di presentare, nell’ambito del progetto Arena Young 2024, l’opera di Viktor Ullmann “L’Imperatore di Atlantide“ (“Der kaiser von Atlantis“).
Lo spettacolo, inserito nelle commemorazioni ufficiali della Città di Verona per il Giorno della Memoria, si pone infatti come segnale pulsante di quanto l’arte possa sempre essere ferma denuncia nei confronti dei massacri ai quali la storia ci ha purtroppo abituato.
Internati nel ghetto di Theresienstadt (Terezin), portato ad esempio quale città ideale per la ‘libera’ espressione artistica dei prigionieri ebraici dai nazisti con scopo propagandistico (su questo fu addirittura girato da loro un film dal titolo “Hitler regala una città agli ebrei”), il compositore ed il giovane librettista Peter Kien realizzarono un’opera potente che si poneva come una forte quanto sarcastica riflessione sul potere e le sue logiche.
La prima stesura del lavoro si ebbe nel 1943 e, nonostante alcune prove realizzate all’interno del ghetto nel 1944, l’opera non fu mai rappresentata in quanto bloccata dalla censura nazista per il suo contenuto fortemente satirico, il protagonista di nome Overall appare ad esempio come un anglismo dal tedesco über alles.
Col termine della farsa e quando la città venne smantellata ed i deportati smistati nel vari campi di sterminio (dei quasi 140mila se ne salvarono 16 mila) Ullmann e Kien furono mandati ad Auschwitz dove finirono i loro giorni. Fortunatamente il compositore riuscì ad affidare la partitura ed ogni documento ad essa inerente all’amico e compagno di cella Dott. Emil Utitz, bibliotecario presso il campo, scampato alla prigionia, ed in seguito la stessa fu consegnata ad un altro sopravvissuto, il Dott. Hans Günther Adler, che dopo la guerra si trasferì a Londra; qui la partitura, ritenuta dispersa, venne poi ritrovata dal direttore d’orchestra Kerry Woodward e presentata per la prima volta nel 1975 ad Amsterdam.
L’opera si pone come un flash accecante quanto fulmineo (un atto suddiviso in quattro quadri con 7 voci e 15 strumenti), cruda testimonianza di un periodo in cui l’espressione artistica si poneva come strumento di lotta e speranza malgrado la realtà non consentisse né opposizione né illusioni: il lavoro appare così oggi assai significativo e bruciante nel suo più intimo significato.
In un continuo alternarsi di canto e prosodia, che tanto richiama a Weil per temi e sonorità, l’ altoparlante (qui vero e proprio carattere teatrale) ci presenta gli altri personaggi del dramma: l’Imperatore Overall, la morte, Arlecchino, un soldato, una fanciulla (Bubikopf) ed il tamburo.
Chiave della narrazione lo sciopero della morte che, nauseata dalla terribile strage effettuata dall’Imperatore durante la sua ultima guerra e dalla assoluta mancanza di rispetto dimostratale, decide di non far più morire nessuno finché non sarà l’Imperatore stesso a sacrificarsi per primo.
La centralità del tema viene poi a svilupparsi grazie alla comparsa di altri personaggi che non fanno che sottolinearne la potenza.
La regia curata da Barbara Pessina ha il grande pregio di agire in silenzio sottolineando scenicamente il concetto della pièce evidenziandone la potenza con misura ed attenta introspezione, lasciando emergere con estrema sensibilità tutti i temi che compositore e librettista compongono quasi come in una macabra danza, in cui la Morte appare il personaggio certo più umano.
Assorbiti nella drammatica operazione ben si sono comportati gli interpreti impegnati in palcoscenico: Bruno Taddia (l’Imperatore Overall), Carlo Feola (La morte), Enrico Casari (Arlecchino), Spartak Sharikadze (l’altoparlante), Eduardo Niave (un soldato), Melody Louledjian (Bubikopf) e Irene Molinari (il tamburo).
Alla ricerca della definizione di uno spazio onirico si muoveva attenta la direzione di Riccardo Bisatti alla guida degli Orchestrali della Fondazione.
Lo spettacolo, presentato alla sala Filarmonica (attigua all’omonimo teatro), è stato introdotto da Davide Da Como e da una curata introduzione dello storico Carlo Saletti, ed è stato accolto favorevolmente dal numeroso pubblico che ha tributato un giusto successo all’opera.
Silvia Campana