VERONA: Rigoletto – Giuseppe Verdi, 2 marzo 2022 a cura di Silvia Campana
Rigoletto
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Direttore Francesco Ommassini
Regia Arnaud Bernard
Personaggi e Intepreti:
- Il duca di Mantova Ivan Magrì
- Rigoletto Luca Micheletti
- Gilda Eleonora Bellocci
- Sparafucile Gianluca Buratto
- Maddalena Anastasia Boldyreva
- Giovanna Agostina Smimmero
- Il Conte di Monterone Davide Giangregorio
- Marullo Nicolò Ceriani
- Matteo Borsa Filippo Adami
- Il Conte di Ceprano Alessandro Abis
- La Contessa di Ceprano Francesca Maionchi
- Un usciere di corte Nicolò Rigano
- Un paggio della Duchessa Cecilia Rizzetto
Scene Alessandro Camera
Allestimento della Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Orchestra, coro e tecnici della Fondazione Arena di Verona
Teatro Filarmonico, 2 marzo 2022
Sono passati più di dieci anni da quando il sipario del teatro Filarmonico di Verona si aprì su una scenografia lignea che presentava una strana simbiosi che univa l’architettura di un teatro anatomico cinquecentesco con quella di un’imponente biblioteca rinascimentale ma l’allestimento di Rigoletto di Arnaud Bernard (qui ripreso da Yamal das Irmich) sembra anche oggi non perdere la sua efficacia mantenendo, soprattutto nell’impianto scenografico, grande impatto drammatico.
L’impostazione di base si propone di presentare (anche attraverso l’ottima ricostruzione in scala di Alessandro Camera di architetture lignee che vogliono veicolare, nel terzo atto dell’opera, gli spazi di una minuscola città ideale) un universo rinascimentale manipolato e terreno di gioco privato del potente di turno (in questo caso il Duca) dove tutto viene ingigantito e proposto in chiave grottesca. Dal punto di vista registico non tutto funziona (troppi i suoni che durante il primo atto disturbano l’esecuzione) e molti movimenti scenici non risultano del tutto giustificati, ma la forza dell’impatto scenico convince e riesce a trasmettere degli input che, legando sfere apparentemente contrastanti, arrivano a momenti di bella intensità: resta infatti efficace visivamente la pioggia di fogli bianchi nel momento dell’assassinio di Gilda, che quasi visualizza una rottura, quasi un conflitto perenne, con la pagina scritta.
Il lavoro sui cantanti appare ricercato (anche se a tratti un po’ troppo imperniato su un gusto di maniera) e tende a fissare i personaggi stessi come burattini su un grande palcoscenico-giocattolo e, pur con i dovuti distinguo, si conferma cesellato e non privo di fascino.
In palcoscenico erano impegnate vocalità di estremo interesse.
Indubbiamente forte era l’attesa per l’interpretazione del giovane baritono Luca Micheletti (uno degli artisti italiani più completi ed interessanti del momento) impegnato nel ruolo del titolo. Micheletti si mostra artista completo (è anche brillante regista ed attore) e non manca alla sua interpretazione del temibile personaggio verdiano disinvoltura scenica e presenza, la vocalità poi è impreziosita da un timbro morbido e dal bel colore, omogeneo e sempre ben sostenuto, ma qualcosa manca. Il dramma celato nell’universo nero di questo carattere verdiano, così bieco e meschino, sembra restare ancora lontano dalle corde del talentuoso baritono che canta tutto sapientemente, con giusta intenzione ed espressività, ma si sa fin troppo bene, quando si parla di Verdi, quanto questo non sia sufficiente. La parola scenica verdiana esige infatti, specie quando deve scolpire l’animo di personaggi duplici e complessi, un sottotesto costante che necessita non solo di un canto corretto ma di un accento cesellato e aderente alla parola; da qui, com’è noto, la costante necessità di studio e maturazione che i suoi personaggi richiedono e che Micheletti indubbiamente non tarderà ad approfondire ulteriormente.
Dotata di un timbro che, ad un primo ascolto, mostra le asperità di un particolare vibrato dall’antico sapore, il soprano Eleonora Bellocci ha mostrato altresì di saperlo usare assai bene, cesellando con cura il suo carattere che ha ben risolto attraverso una giusta attenzione ad accento e fraseggio. Anche scenicamente efficace, la sua Gilda convinceva dunque nella sua drammatica semplicità.
Ivan Magrì, quale Duca di Mantova, si confermava solido professionista ed il suo canto, impreziosito dalla bella e sicura vocalità, acquisiva, anche attraverso un uso intelligente di piani e mezzevoci, particolare espressività e spessore.
Tonante e scenicamente efficace nella sua brutalità si presentava lo Sparafucile di Gianluca Buratto così come corretta e professionale appariva la Maddalena di Anastasia Boldyreva.
Bene nel suo complesso il resto del cast: Agostina Smimmero (Giovanna), Davide Giangregorio (Conte di Monterone), Nicolò Ceriani (Marullo), Filippo Adami (Borsa), Alessandro Abis (Conte di Ceprano), Francesca Maionchi (Contessa di Ceprano), Nicolò Rigano (un usciere) e Cecilia Rizzetto (un paggio).
Sostanzialmente misurato il Coro del teatro diretto da Ulisse Trabacchin.
Francesco Ommassini dirigeva l’orchestra della Fondazione con correttezza pur indulgendo in clangori un po’ eccessivi (ma certo l’innalzamento della buca non aiuta) e perdendo a tratti l’amalgama con il palcoscenico.
Sala non troppo piena per questo più che interessante Rigoletto, che il pubblico in sala ha mostrato di gradire attraverso numerosi applausi e chiamate.
Silvia Campana